Sono 10.000 imprese che hanno in comune due caratteristiche fondamentali: i loro bilanci sono sani (in alcuni casi ottimi) e hanno superato brillantemente perfino il 2020. Alcune sono dei veri e propri colossi, come Brembo o Ima, ma la gran parte sono medie o piccole, in alcuni casi piccolissime. Sono tante, tantissime, 1.000 per ciascuna delle 10 principali province industriali italiane, e rappresentano circa il 70% delle imprese delle fasce di fatturato che vanno dai 2 milioni di euro di fatturato in su.

Una percentuale che, guardando il bicchiere mezzo pieno, indica che la gran parte del nostro tessuto manifatturiero e dei servizi è sano ed è pronto ad affrontare (e superare) la difficile sfida di un 2023 che si presenta ricco di incognite e problemi, a partire dai costi dell’energia. Ma, guardando il bicchiere mezzo vuoto, questo 70% indica anche che ce ne sono un 30% che invece soffrono assai e rischiano di non sopravvivere ai venti della crisi.

L’utilizzo di criteri stringenti nell’analisi dei loro bilanci operata dal Centro Studi ItalyPost (un rating che va da ottimo a buono, aver realizzato utili nel 2020, essere cresciuti in questi anni nonostante le crisi) ha permesso di realizzare una “radiografia” di una parte più che significativa del nostro tessuto industriale e di classificare come “Best Performer” non tanto le aziende che realizzano i fatturati più importanti, non quelle che producono più comunicati stampa che utili, ma quelle che effettivamente realizzano risultati.

Che poi ve ne siano tante di piccole e piccolissime è per noi un buon segno, perché, quelle che abbiamo cercato, non sono né le imprese che si crogiolano sul motto “piccolo è bello” né quelle che pensano che “grande è bello” di per sé. Anche le piccole che sono uscite da questa indagine, infatti, se è vero che oggi sono tali, in realtà vogliono crescere. E moltissime crescono davvero tanto. Basta scorrere l’elenco di quelle che presentiamo per trovarne tantissime che viaggiano anno su anno a doppia cifra, raddoppiando o addirittura triplicando i fatturati in un lustro. E crescono sane, con pochi debiti e molta cassa, indice che sono guidate da imprenditori che credono nelle loro aziende, nei loro collaboratori, nell’idea dalla quale sono partiti. E, come tanti che oggi fatturano centinaia di milioni partendo dal garage sotto casa (basta leggere il libro di Ebhardt su Del Vecchio per capire), molte di loro sono determinate a seguirne l’esempio.

È tempo dunque di superare quel falso dibattito sul “grande” e sui “piccoli”. Solo se grandi e piccoli si allenano si cresce. Le grandi, spesso a capo di filiere, devono farsi carico e dare strumenti alle piccole per crescere, perché è dalle piccole che spesso nascono competenze e innovazioni che aiutano le grandi a crescere ancora di più. Come ci ha detto un imprenditore in uno dei tanti incontri che abbiamo tenuto lo scorso anno, “i nostri fornitori sono importanti tanto quanto i nostri clienti, ed è folle “strozzarli” per fare un po’ di utile in più oggi, perché solo se sia noi capofiliera che loro cresciamo bene assieme la nostra azienda crescerà sana e forte nel lungo periodo”.