«Lavoriamo da cinque generazioni nel farmaceutico e non rallenteremo il passo». Massimo Di Martino, 57 anni, ceo di Abiogen Pharma, parla con orgoglio dell’impresa fondata dal bisnonno. «Tutto comincia a Pisa nel 1917 con la nascita dell’Istituto galenico, chiamato poi Gentili. Generazione dopo generazione siamo diventati un riferimento a livello nazionale; poi nel 1997 siamo stati acquisiti da una grande azienda americana, la Merck». Di Martino costituisce allora la nuova società. «Con una cessione di ramo d’azienda – spiega – è nata Abiogen Pharma. Una realtà integrata: curiamo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione dei farmaci, oltre ad occuparci di informazione medico scientifica». Specializzata nel trattamento delle patologie ossee, Abiogen Pharma vende direttamente soltanto in Italia ma è presente in decine di Paesi, tra cui Grecia, Gran Bretagna, Francia e Svizzera, attraverso partnership e accordi di distribuzione. Il fatturato è in crescita e per il 2018 si attesta a quota 180 milioni. «L’obiettivo per i prossimi anni è crescere sul piano internazionale. Senza dimenticare la ricerca che per un’azienda votata all’innovazione come la nostra resta imprescindibile. Anche per questo investiamo molto nello sviluppo e abbiamo diversi progetti all’avanguardia». Abiogen ha poi dato vita a uno spin-off, Galileo Research, impegnato nello sviluppo di una terapia cellulare contro il carcinoma ovarico. «Si tratta – spiega Di Martino – della prima terapia al mondo portata sui pazienti e si aggiunge al lavoro che stiamo facendo, con il supporto di una multinazionale americana, sui farmaci per le malattie rare». Obiettivi ambiziosi e impossibili da raggiungere senza un coordinamento strategico con i centri di ricerca internazionali. Questo uno dei segreti di Abiogen: «Oggi il modo di fare ricerca è cambiato – dice il ceo – non esiste più il laboratorio isolato, serve esperienza nel project management. Bisogna tenere insieme i fili dei progetti per valorizzare il talento dei team di ricerca, sempre più specializzati». Un’attenzione verso il futuro che si sposa con la filosofia di Di Martino, secondo cui un’azienda deve anche restituire alla collettività. «Favoriamo il progresso scientifico e sosteniamo i territori, come nel caso de L’Aquila a cui destiniamo 1,83% del fatturato. Però dobbiamo essere messi in condizione di farlo. Non mi preoccupa il 2019, ci sono opportunità importanti all’orizzonte, mi preoccupa la cultura anti-industriale che c’è in Italia. Quella sì è un vero ostacolo alla crescita».