Una sartoria industriale. Questa, in estrema sintesi, la definizione che Il gruppo Gabel utilizza per descriversi. Nella pratica, significa mantenere alta la qualità nell’intero ciclo produttivo, con la filiera gestita interamente in Italia, con la scelta consapevole dei migliori filati (lana e cotone) fino alla realizzazione del prodotto finito. Significa essere in grado di adattarsi con velocità alle richieste del mercato e ideare 10-12 collezioni al mese, con collezioni che esprimono lo stile e la creatività italiana.
«Questi numeri e questi ritmi sarebbero impensabili se si dipendesse da produzioni esterne o dalle importazioni», spiega Michele Moltrasio, amministratore delegato del Gruppo. Come molte delle eccellenze del Made in Italy, il Gruppo Gabel ora si trova a lottare contro le ripercussioni economiche legate all’emergenza Coronavirus. «Ripartita la produzione, come rilevano gli esperti, fondamentale – continua Moltrasio – è ripartire proprio da una valorizzazione del Made in Italy sostenendo l’hashtag #iocomproitaliano, riscoprendo quei brand che hanno fatto del rispetto per l’ambiente così come dei diritti umani e delle migliori condizioni di lavoro, il proprio cavallo di battaglia».
La percentuale restante, fatta di articoli che non riescono a essere prodotti negli stabilimenti italiani, come i piumini, sono articoli prodotti direttamente dall’azienda, in India, grazie a una joint venture stretta con una famiglia locale, la Kapoor Global Cotton, che rispetta gli standard qualitativi e i valori che il Gruppo sostiene fin dalla propria nascita.
Essere una “sartoria industriale” significa poter assicurare ai propri consumatori l’aspetto tailor made che i prodotti di Gabel possiedono: dalle tovaglie ricamate per gli hotel, alle lenzuola personalizzate per i privati, fino alle spugne per le spa e per il mondo della nautica, tutti i prodotti del brand sono realizzati con un occhio di riguardo a quei consumatori attenti alla qualità e ai valori dei prodotti.
Essere produttori in proprio al 100%, in tempi di de-globalizzazione, significa inoltre non dipendere dagli altri Paesi e assicurare una qualità superiore rispetto alle grandi multinazionali che competono nello stesso settore e significa così riuscire a soddisfare le richieste dei mercati esteri. «L’internazionalizzazione per il settore tessile casa è un problema – spiega Michele Moltrasio – cambiano le abitudini, cambiano le misure dei letti, cambia l’uso dei piumini e delle trapunte. Noi abbiamo deciso di concentrarci su alcuni Paesi come Cina, Corea del Sud, il Giappone e gli Usa, offrendo un prodotto con un valore assoluto concreto».
Il Gruppo è riuscito con il tempo ad adattarsi alle nuove dinamiche del mercato senza volersi trasformare in quello che non è, senza perdere la propria natura e senza snaturare la propria filosofia imprenditoriale. Si spiegano così anche i “no” detti a grandi gruppi internazionali del lusso interessati ad acquisire parti del Gruppo: «Siamo un’azienda di famiglia con 350 collaboratori e così vogliamo rimanere» afferma Michele Montrasio.
Una qualità totale che si ritrova anche nel codice etico di principi e regole di comportamento, una Corporate Social Responsability ispirata a una solida integrità etica abbinata a una filosofia aziendale che rispetta le leggi in vigore. Ma il rispetto per l’ambiente ha radici profonde e radicate nel Gruppo Gabel, che da oggi può contare anche sulla certificazione STeP by Ooeko-Tex® (Sustainable Textile Production), la certificazione ambientale per stabilimenti tessili ecologici che desiderano comunicare, in maniera trasparente e credibile, il proprio percorso verso condizioni di produzione più sostenibili. Sono pochissime le realtà italiane che a oggi possono vantare una certificazione così importante, che premia le aziende che si distinguono per responsabilità etica ed ambientale.
«Questa certificazione non riguarda solo la sostenibilità ambientale, il risparmio delle materie prime e delle risorse economiche – continua Moltrasio – ma comprende il concetto di responsabilità dei diritti umani e del lavoro, oltre alla razionalizzazione dei processi di creazione, ideazione e produzione, della ricerca di innovazione e di sviluppo. Ci battiamo per etichette trasparenti che consentano al cliente di sceglierci con onestà intellettuale, sulla base di una serie di informazioni chiare e tracciabili. Il cliente di oggi è sicuramente informato e disposto a scegliere e preferire un’azienda che si batte per la salvaguardia dell’ambiente e noi intendiamo procedere in questo senso, con responsabilità. Inoltre, senza la tracciabilità, data dal controllo diretto della filiera produttiva, è impossibile parlare di sostenibilità. Ma l’attenzione alla sostenibilità è nel nostro DNA fin dall’inizio e pervade anche le strutture stesse dell’azienda. Tutti gli impianti produttivi del Gruppo (realizzati nella metà degli Anni ’70 dallo studio Gregotti, mancato di recente proprio a causa del Coronavirus, ndr) utilizzano esclusivamente energia da fonti rinnovabili, depuratori installati quando ancora per legge non era obbligatorio e hanno un sistema avanzatissimo di riciclo delle acque. Allo stesso modo, le altre strutture del Gruppo, come i negozi e gli altri stabilimenti, utilizzano energia verde certificata, proveniente da fonti rinnovabili».
Già nel 2018, il Gruppo ha fatto importanti investimenti a livello di tecnologia per gli impianti, rinnovando i telai e inserendo la stampa digitale, ma soprattutto investendo per un rimodernamento dei 40 punti vendita in tutta Italia, e per un’implementazione dell’e-commerce e della vendita online, consentendo così l’adeguamento alle prassi più moderne di vendita e il coinvolgimento di un numero più grande di consumatori. «Ora la politica deve fare la sua parte. Dopo tutte le dimostrazioni di appartenenza – conclude Moltrasio – ci auguriamo che anche i consumatori facciano scelte più consapevoli scegliendo i marchi fautori del vero Made in Italy, come i nostri e come tante altre realtà di cui Paese pieno e che sono fiore all’ occhiello della nostra economia».