Per registrarti all’evento, clicca qui
Il design rappresenta in Italia un’industria da 29mila aziende, 48mila addetti e un fatturato di circa 4,3 miliardi di euro. Inoltre, le imprese italiane attive nel settore design si concentrano proprio nelle aree in cui è più alta la presenza delle filiere di eccellenza del made in Italy a conferma dello stretto legame tra design e capacità competitiva delle aziende, nonché del ruolo strategico del primo nel rapporto tra ideazione e produzione.
È quanto emerge dai dati raccolti nel secondo rapporto Design Economy realizzato dalla Fondazione Symbola, in collaborazione con FederlegnoArredo, e ripreso dal Sole 24 Ore, che ha cercato di misurare il valore di un’industria, quella del design, che rappresenta una «vera infrastruttura immateriale del made in Italy», come l’ha definita il presidente di Symbola, Ermete Realacci.
La ricerca prende in esame le imprese italiane che producono beni e servizi di design (dall’arredo alla moda, dall’architettura alla comunicazione, fino agli ambienti digitali), ma anche gli istituti di formazione, mettendoli poi a confronto con il resto d’Europa. L’Italia si conferma leader in Europa nel settore, con il 16,2% delle quasi 180mila imprese localizzate nell’Unione europea. Nonostante la crisi e la crescente competizione internazionale, negli ultimi cinque anni gli occupati sono aumentati dell’1,5%, mentre il fatturato del 3,6%.
Primo per numero di aziende, il nostro Paese è invece al terzo posto(dietro Regno Unito e Germania) per numero di addetti, e al secondo (dopo la Gran Bretagna) per fatturato. Una conferma della frammentazione del tessuto industriale che, sebbene sia spesso additata come una delle cause della scarsa competitività dell’economia italiana, in questo caso rappresenta una forza e un valore aggiunto per la maggiore flessibilità delle imprese piccole e piccolissime, che rivelano una forte propensione al rischio.
Ma non è solo una questione di numeri. «Il Report dimostra la forte compenetrazione tra design e processo produttivo, e tra design e innovazione – fa notare Realacci – Il design non è legato solo all’estetica ma anche alla capacità di risolvere problemi complicati, dall’ideazione di nuovi prodotti all’individuazione di nuovi mercati, fino alla ricerca di nuovi significati». È inoltre strategico, aggiunge il presidente Symbola, per sviluppare una nuova generazione di prodotti che rispondano, oltre al criterio della bellezza, anche a quelli della tecnologia e della sostenibilità ambientale, nel segno dell’economia circolare: efficienza, minore impiego di materia ed energia, riciclabilità, riutilizzabilità.
L’Italia sale sul podio europeo per numero di brevetti di design in 22 delle 32 categorie aggregate previste nella classificazione ufficiale di Locarno, tra cui cibo e alimenti, tessile, arredamento e prodotti di illuminazione. La fotografia è dunque quella di un sistema estremamente competitivo che, a differenza di altri settori, riesce anche a essere estremamente attrattivo per i migliori talenti. Ne sono testimonianza i tanti designer internazionali che lavorano per i marchi del made in Italy, ma anche la presenza radicata e diffusa su tutto il territorio nazionale di istituti di formazione che attraggono studenti da tutto il mondo. Dalle 59 realtà (tra scuole, università e accademie) che rilasciano titoli di studio in discipline del design, nel 2016 sono usciti 7.094 nuovi designer diplomati, in aumento del 9% rispetto al 2014. Non stupisce che la maggior parte di questi istituti si trovi a Milano, una delle città europee con la più alta concentrazione di scuole di design al mondo. Milano è del resto anche la città italiana con il maggior numero di aziende del design (l’11,6% del totale nazionale), seguita da Torino e Roma, e di addetti (il 16,4%).
* Presidente Fondazione Symbola; articolo pubblicato su Pambiancodesign il 4 maggio 2018.