Non tutti i ragazzi che affollano la platea dell’auditorium Italcementi sanno che il distinto signore di fronte a loro è il papà dell’estensione (tecnologica) del loro avambraccio: Federico Faggin. L’italiano, oggi 78enne, che, fresco di diploma di perito radiotecnico e con una immensa curiosità, partito alla volta degli Stati Uniti, ha inventato la pelle e il cuore del telefonino. E che comincia il suo intervento nell’incontro del Festival Città Impresa così:«Quell’oggetto che avete in tasca, contiene un pezzettino di silicio con una potenza e una capacità che 45 anni fa era contenuta in macchinari che occupavano gli spazi di 8 auditorium come questo».
È stato lui il capo progetto e designer dell’Intel 4004, il primo microchip al mondo, e fondatore, nel 1974, di Zilog, la società che ha prodotto il mitico Z80, uno dei processori più importanti della storia. «Che ancora oggi è in produzione», afferma con malcelato orgoglio.
«Davanti a un genio come lui provo una certa soggezione psicologica», ha ammesso Salvatore Majorana direttore del Km Rosso. Da Vicenza alla Silicon Valley, la storia di Federico Faggin è così affascinante da sembrare un romanzo industriale e, nello stesso tempo, un inno alla creatività dell’uomo che nessun computer potrà mai superare. Tema, anzi teoria, appassionante che Faggin — inventore ed imprenditore, con appuntata sul petto la medaglia nazionale per la tecnologia e l’innovazione di cui l’ha insignito il presidente degli Usa, Barack Obama — affronta con un’ampiezza di vedute da sconfinare, ad un certo punto, nel filosofico. «Intuizione, creativa e ingegno non sono provincia dell’intelligenza artificiale e nessuna macchina potrà diventare più intelligente dell’uomo e sostituirlo».
Il motivo è molto semplice. «Perché il computer non ha una coscienza che è la capacità di avere esperienze anche superiori a quelle ordinarie — spiega Faggin —. Il corpo umano è una struttura quantistica e non una macchina classica come il computer, che non potrà mai riprodurre quello che fa il nostro corpo. Grazie allo sviluppo della propria coscienza l’uomo è incommensurabilmente superiore a qualsiasi macchina perché ha una comprensione della realtà che l’Intelligenza artificiale non potrà mai avere in quanto priva di coscienza». Folle e pericolosissima: Faggin bolla con questi due aggettivi l’idea che l’intelligenza artificiale possa superarci nel giro di pochi anni, promettendo di poter scaricare le nostre esperienze in un computer.
«L’etica non appartiene al computer ma all’uomo, la macchina è un amplificatore della nostra capacità meccanica. Dare alle macchine il nostro potere — ha concluso — significa darlo agli stessi che prendono infomazioni su di noi per farci dei soldi. Uè svegliamoci». Applausi.
*Corriere di Bergamo, 9 novembre 2019