L’Italia, dopo la Turchia, è stato il Paese che ha subìto la revisione più pesante per il 2019, un punto percentuale nel giro di un trimestre. Ma le cose vanno a rilento per molti, avverte Fitch, che riporta un deterioramento significativo, sebbene non sia prevista «una recessione globale». L’agenzia ha tagliato al 2,8% dal 3,1% la crescita mondiale per il 2019 e al 2,8% dal 2,9% quella per il 2020.
Sulla congiuntura anche il presidente della Fed, Jerome Powell, esprime perplessità: «La crescita è rallentata in Europa e Cina». Il numero uno di Constitution avenue spiega come la Brexit e le trattative commerciali in corso rappresentino rischi per le prospettive economiche. Tuttavia anche Powell non vede possibilità di «una recessione in Europa», mentre a livello globale afferma che i dazi sono una «preoccupazione» per molte imprese. Del resto la frenata non risparmia neanche gli Usa con la Fed che rivede al ribasso le stime di crescita per il 2019, a +2,1% dal precedente +2,3%. Ecco perché il Fomc, al termine della riunione di due giorni, ha lasciato i tassi di interesse invariati nell’intervallo fra il 2,25% e il 2,50%.
Il braccio esecutivo della Fed ha anche annunciato che non ci saranno rialzi dei tassi quest’anno, e un solo rialzo nel 2020. Ben lungi dalle prospettive di alcuni mesi fa quando si ipotizzavano due o tre tagli dopo i quattro del 2018. «L’economia americana é in buona salute. Una buona salute che vogliamo mantenere», giustifica così Powell il cambio di rotta. Aspetto sul quale si è scontrato più volte col presidente Donald Trump il quale, a più riprese, ha accusato il capo della Banca centrale di abbracciare strategie troppo aggressive sui tassi. «Riteniamo che l’attuale politica monetaria sia corretta», gli replica tra le righe Powell, osservando che la Fed sarà «paziente», ovvero che «non si ha fretta» di agire. Il termine pazienza era stato introdotto nella scorsa riunione del Fomc, la prima dell’anno, e rappresenta una novità nel linguaggio della Banca centrale a dimostrazione che le perplessità sul rialzo dei tassi non erano poi solo un’ossessione della Casa Bianca. Anzi, il fatto che anche i governatori della Fed siano turbati dalle prospettive economiche e finanziarie americane e non, lo dimostra un altro cambio di passo della banca centrale, che ha annunciato di mettere fine al processo di normalizzazione del bilancio alla fine di settembre.
Il bilancio della Fed è esploso a 4.500 miliardi di dollari con le misure straordinarie varate durante la crisi. Attualmente viaggia attorno ai 4 mila miliardi e l’obiettivo iniziale era di riportarlo a una quota compresa tra i 3 mila e i 1.500 miliardi, ma dalle ultime indicazioni potrebbe assestarsi sopra i 3.500 miliardi di dollari per garantire la necessaria dotazione di liquidità al sistema. Così, a partire da maggio lo snellimento del bilancio sarà ridotto a 15 miliardi di dollari al mese rispetto ai 30 miliardi finora sostenuti, per concluderla a fine settembre, «assicurando così una transizione dolce». Le indicazioni della Fed hanno consentito a Wall Street di azzerare le perdite, mentre Piazza Affari ha chiuso in calo una giornata faticosa, per il ribasso di Francoforte e il ritorno di una leggera tensione sui titoli di Stato italiani causata dalla nota di Fitch.