Lo scontro per ora è rimandato. All’assemblea che lunedì vedrà per la prima volta la partecipazione di Delfin, la cassaforte con cui Leonardo Del Vecchio è entrato in Mediobanca lo scorso 17 settembre, non si prevedono particolari colpi di scena. I segnali che giungono dalle parti di mister Luxottica lasciano intendere che la riunione sarà tranquilla per quel che riguarda Delfin, che con un rappresentante potrebbe limitarsi a votare i punti all’ordine del giorno, ovvero il bilancio, la politica di remunerazione e l’aggiornamento del piano di “performance shares”.
Mister Luxottica nel frattempo avrebbe incrementato la propria quota dal 6,94% con cui si è disvelato al 7,5%, come ha indicato nella giornata di ieri l’agenzia internazionale Reuters, a ulteriore conferma delle indiscrezioni che volevano l’imprenditore lanciato verso l’8%. Non è detto che tutta la somma venga depositata ai fini della partecipazione alla riunione dei soci. Ma è un indizio che la corsa di Del Vecchio nel capitale di Piazzetta Cuccia non è finita qui.
La sua però si annuncia come una marcia lenta in Mediobanca. Difficile possa incidere granché sul nuovo piano strategico che l’ad Alberto Nagel presenterà il 12 novembre, vista la determinazione del banchiere nel confermare la strategia fin qui adottata, frutto di una diversificazione che, unendo credito al consumo, raccolta e gestione del risparmio e banca di investimento, ha fin qui permesso alla banca di primeggiare. Anche ieri il titolo ha proseguito la sua salita dello 0,74%, a quota 10,84 euro.
Il Financial Times, nella sua rubrica Lex, ha parlato di Mediobanca come di uno «spettacolo milanese», ricordando i conti del primo trimestre chiusi a 271 milioni, in rialzo del 10%, per una banca che è valutata «più del patrimonio netto, è ora vicina ai massimi da 5 anni, una rarità tra le banche europee». E allora, si chiedono a Londra, «che cos’è che non va?». Del Vecchio punta il dito sul contributo delle Generali (di cui la banca ha il 13%) ai profitti di Piazzetta Cuccia, che vale la metà del totale degli utili. Vorrebbe invece vedere, al contrario, la banca migliorare la propria capacità finanziaria per supportare le Generali nel loro sviluppo giudicato insufficiente, ad esempio con un aumento di capitale. Assai difficile però è individuare un’attività che, in tempi grami, possa sostituire il Leone in redditività. Difficile possa essere l’invocata attività della banca d’affari, che Del Vecchio vorrebbe sviluppare in un momento di magra di mercato.
Il capitolo delle Generali sarà centrale in questa vicenda. Se la salita di Delfin continuerà, infatti, salirà anche l’attenzione dei regolatori. In ballo c’è il futuro di una banca come pure il destino del tesoro del Leone che, nel suo scrigno, tra 500 miliardi di attività in gestione, custodisce anche 60 miliardi di debito italiano.